Cronache di fiorile 1262
Castelbruma
Primo giorno della prima
decade di Fiorile
1262
Castelbruma, terra di conquista!
Alcuni ingenui credono che i Sovrani godano di assoluta libertà. Immaginano che una volta asceso al trono un uomo, un Re, sia finalmente libero di fare ciò che vuole. La verità è ben diversa, come presto scoprirono due ambiziosi Signori delle Terre Spezzate.
Il giorno in cui ricevette un corvo con una disperata richiesta di soccorso, Edoardo II di Valleterna si accorse in fretta che, se intendeva mantenere nelle sue mani la Rocca di Castelbruma, avrebbe dovuto soccorrere i paladini che aveva lasciato a presidiarla. Il Magnifico signore di Valleterna (e, secondo alcuni, di tutte le Terre Spezzate) era un uomo prudente e chiamò a raccolta i suoi alleati Neenuvaren e Coronensi. Castelbruma è una terra infida, come il popolo che la abita d'altronde, e non è il caso di marciare da soli per quelle terre.
La brillante mente di Sua Maestà Temistocle degli Alessandridi aveva cogitato lungamente sull'opportuna reazione da opporre alla prevedibile mossa del suo nemico. Dopo lunghe ore trascorse in preghiera ed altrettante in rilassanti massaggi, l'acutissimo Re merida si era risolto ad imbarcarsi per il Nord. L'occasione di cogliere il suo rivale fuori dai suoi possedimenti era troppo ghiotta per non coglierla all'istante!
Fu così che da un giorno all'altro e senza che nessuno dei due l'avesse veramente voluto, entrambi i pretendenti al Trono del Sole s'imbarcarono alla testa dei loro eserciti.
Quando sbarcarono a Castelbruma cominciarono a sospettare di aver commesso un errore. Li accolse un freddo pungente, una terra per lunghi tratti fangosa e per altri ancora congelata, una nebbia umida costringeva i sovrani a rabbrividire sotto gli ampi pastrani. Le armate iniziarono a depredare il contado per riempirsi la pancia e tosto scoprirono che o lo sterile suolo brumiano non da frutti oppure i brumiani stessi sono così inetti da non saperlo coltivare a dovere. Recuperarono qualche mucca striminzita, patate, rape e soprattutto cipolle.
Nel campo Valniano i paladini iniziarono a bestemmiare e le guardie reali dovettero insegnare agli orgogliosi mahataren la notevole arte di rimuovere i pidocchi dal capo. Ah gli incerti della guerra!
Il pregevole accampamento Merida, che già aveva dovuto sopportare la presenza dei fidati (si fa per dire) Venali, i quali avevano iniziato a lamentarsi delle manovre meride ancor prima di sbarcare a Castelbruma, fu sconvolto dal sopraggiungere delle schiere brinniche. L'olezzo dei barbari era tale che alcuni niviani decisero di erigere un piccolo campo in separata sede.
Non poteva durare. Stabilito che dei brumiani non v'era traccia, i due Sovrani decisero che era tempo di farla finita. Le armate si misero in marcia, esploratori e corrieri andarono avanti e indietro, scovarono il nemico e condussero le colonne a incontrarsi nel Bosco Nero, giusto a meridione della Strada del Re. Ad entrambi i generali parve il luogo propizio per lo scontro finale.
Un'alba grigia sorse sul Bosco Nero, gli eserciti marciavano, gli stendardi garrivano al vento, le armature erano state lucidate, le lame affilate, le pitture di guerra rinnovate. I Re avanzarono, si posero magnifici e superbi alla testa delle loro schiere... quando, d'improvviso, calò la bruma
Riassunto di quanto accadde
Quando la Bruma densa e pesante si alzo' dal suolo gelato, rivelo' due due grandi accampamenti erano stati posti in una valletta brumiana non distante da grandi pascoli in cui placidi bovini ruminavano tranquilli. Dei pastori brumiani, pero', nessuna traccia.
Da un lato di un freddo torrente che divide in due la valletta vi era l'accampamento dell'Alleanza della Luce, difeso dagli uomini di
Valleterna e
Neenuvar, dall'altro lato, spostato di qualche centinaio di metri piu' a Nord, quello dell'Alleanza del Fuoco e del Ghiaccio, difeso dagli uomini di
Altabrina e
Meridia, a cui si erano aggiunte le forze di
Venalia.
Ben presto anche i gli uomini di
Castelbruma fecero la loro comparsa, ma non erano i soli abitanti del luogo: bianchi spettri funestavano coloro che si allontanavano dagli accampamenti, tormendando le carni con gelide lame. Attorno a loro sciamavano numerosi
Diurni, quasi a difendere queste bianche apparizioni. Da lontano, fra le ombre degli alberri piu' alti, si muovevano enormi
Madri Diurno, lente ma letali.
Gli uomini del nord, che non si capacitavano dell'aria innaturalmente fredda e del suolo gelato, che permetteva ai Diurni di spingersi cosi' a Sud come mai si era visto, trovarono ben presto la causa della morsa gelida che colpiva quella valletta: una ignota mano malvagia aveva infisso un bastone fitto di rune su un poggio e quello emanava onde gelide, che congelavano il bosco e coloro che si avvicinavano mentre rintempravano i Diurni.
Fu grazie al
Clan Dell'Orso, il cui Capoclan
Inverno si era visto aggirarsi fra gli schieramenti per reclutare nuovi guerrieri, che il bastone fu spezzato e la minaccia dei Diurni momentaneamente sconfitta.
Nel frattempo i due schieramenti non avevano perso tempo ed erano giunti alle armi: l'avanguardia della Luce era costituita da un gruppo di Brumiani che, forti di mercenari e bestie selvaggie, difendevano un guado del torrente; l'avanguardia del Fuoco e del Ghiaccio era costituita anch'essa da brumiani, che sopraffecero rapidamente i loro fratelli presso il guado.
Dopo questa scaramuccia, il grosso delle armate cozzò e le linee della Luce si sfaldarono, colpite dai potenti incantesimi di
Prometeo, maestro delle arti arcane; la furia dei Brinnici fece il resto e ben presto ogni nemico giaceva abbattuto, salvo un agile Guardiavia che sembrò letteralmente svanire fra le foglie.
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